Il nuovo paradigma organizzativo del Wellbeing

Sono sei le principali sfide che deve affrontare oggi il mercato del lavoro, in base alla ricerca congiunta di JOINTLY con TEHA Ambrosetti Una nuova visione di Corporate Wellbeing - scaricabile qui - che approfondisce anche le modalità per fronteggiarle e i benefici che ne possono derivare.

 

I fattori esogeni

Tre di questi fattori sono esogeni e dipendono dalla struttura socio-economica del nostro Paese: prima di tutto la struttura demografica italiana fa sì che tra dieci anni ci saranno oltre 4 milioni di persone in meno in età lavorativa, mentre il progressivo invecchiamento della popolazione porterà ad un aumento significativo degli over 65 (+3,6 milioni). Un mondo del lavoro profondamente mutato, quindi, dove le aziende – che già scontano un tasso di produttività tra i più bassi in Europa – si troveranno a dover far fronte ad un maggior costo del lavoro e a salari più alti, strette quindi in una “doppia morsa”.

D’altro canto, la crisi inflattiva ha eroso i salari reali e il potere di acquisto delle famiglie, sempre più in difficoltà nel sostenere anche le spese essenziali come quelle sanitarie e scolastiche.

Tra i genitori che lavorano, è aumentata quindi anche l’aspettativa di ottenere un aiuto da parte dell’azienda.

 

I fattori endogeni

Oltre allo scenario socio-economico, ci sono fattori endogeni che stanno profondamente modificando il mercato del lavoro. Da un lato il mismatch tra il profilo dei candidati e le qualifiche richieste - che riguarda più di un terzo dei lavoratori (38,5%, rispetto alla media europea del 32%) – dall’altro la profonda insoddisfazione e malessere: gli italiani sono infatti tra i meno ingaggiati (all’ultimo posto) e tra i più stressati in ufficio (il 46% del totale) in Europa. E l’insofferenza ha fatto aumentare anche nel nostro Paese il turnover:  nel 2023, il 36% dei lavoratori dichiarava un’alta probabilità di lasciare l’attuale datore di lavoro entro 12 mesi, a causa principalmente della scarsa attenzione dell’impresa verso il benessere individuale e il work-life balance.

 

Serve un nuovo paradigma organizzativo

Difronte a questo scenario così complesso, le aziende sono oggi chiamate a ridefinire un nuovo paradigma organizzativo, che sappia allo stesso tempo efficientare i costi e promuovere il benessere personale sul posto di lavoro.

Una sfida non facile, se è vero che la metà delle imprese (56%) ha introdotto iniziative a favore dei propri collaboratori dall’altro solo uno su cinque tra di loro (20%) ne riconosce l’efficacia ed ne è soddisfatto.

Perché questa differenza? Da cosa dipende la “distanza” oggi ancora più forte tra l’organizzazione e le sue persone?

La ricerca ne analizza alcuni dettagli salienti: per esempio la stragrande maggioranza delle imprese (75%) non dispone di strumenti di ascolto organizzativo e segue le regole top-down nella definizione degli interventi (62%).

Interventi che quindi non riflettono i reali bisogni, e di cui poi non si misura neanche l’efficacia: solo il 34% delle imprese dispone di dati sufficienti per valutarla. E come si può migliorare qualcosa che non si misura?  Singole misure definite “a tavolino” quindi, costose e inutili: solo il 33% delle imprese le ha integrate all’interno di una strategia di corporate wellbeing legata alla people strategy aziendale.

Ma chi lo ha fatto ne ha anche apprezzato i benefici: il valore di una strategia di Corporate Wellbeing per i collaboratori è più di quattro volte (x4,5) superiore rispetto all’investimento fatto dall’azienda. 

E – i numeri lo confermano – collaboratori più soddisfatti sono anche più ingaggiati: un piano ben definito, condiviso e comunicato alle persone, aumenta l’engagement anche del 30%.

Per sintetizzare in una frase, il Corporate Wellbeing non è una semplice evoluzione del Welfare Aziendale, ma un nuovo paradigma organizzativo che porta benefici sia all’impresa che ai collaboratori.

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A cura di Anna Zavaritt - giornalista e contributor JOINTLY

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